giovedì 9 ottobre 2014

Mike Glennon versione 2.0, una piacevole sorpresa

Il QB Mike Glennon.
Il quarterback, si sa, è il giocatore più importante in una squadra di football, quello da cui dipendono in larga parte le fortune (o le sfortune) di un team, ed in grado – nel migliore dei casi – di dare ai propri colori uno spessore del tutto diverso...

Ad esempio, se a New Orleans al posto di Drew Brees ci fosse Geno Smith o a San Francisco l'attacco fosse guidato da E.J. Manuel anziché da Colin Kaepernick, Saints e '49ers non sarebbero certo ritenuti due top team e anzi difficilmente potrebbero coltivare ambizioni di postseason...

E quale è oggi, in casa Bucs, la situazione a livello di QB?

Citando un vecchio proverbio ("non tutti i mali vengono per nuocere"), si potrebbe dire che l'infortunio al dito che ha messo fuori gioco Josh McCown ha regalato una occasione importante al secondo anno Mike Glennon, e il simpatico giraffone da NC State sembra intenzionato a sfruttare nel migliore dei modi questa importante opportunità.

Glennon ha sinora disputato due partite e mezza, ma tralascerei lo spezzone giocato in quel di Atlanta in cui ha messo piede in campo a partita già ampiamente strapersa e mi soffermerei sugli incontri di Pittsburgh e New Orleans.

Ciò che più ha colpito, in questi due match, è stato l'atteggiamento del ragazzo, diverso da quello visto per 13 partite nel corso della sua stagione da rookie. Se lo scorso anno Glennon sembrava piuttosto statico, non dico un 'gatto di marmo' alla Byron Leftwich ma quasi, e se nella tasca sembrava spesso non a suo agio e ansioso di liberarsi del pallone il prima possibile, quasi terrorizzato dall'arrivo dei defensive linemen avversari, il giocatore visto contro Steelers e Saints sembra migliorato davvero parecchio proprio in quelli che erano i suoi difetti più evidenti.

Il Mike Glennon 2.0 non si butta a terra autoinfliggendosi un sack, impaurito dall'arrivo dell'avversario come più di una volta era accaduto nel 2013, ma si muove con una discreta agilità, cerca il compagno libero sino all'ultimo secondo utile, e non sembra più in preda al terrore, anche se il DE avversario gli fa sentire tutto il fiato sul collo e gli mette le mani addosso.

Chiaramente queste impressioni si limitano solo a due partite, e si spera che anche nelle prossime gare la scelta n.73 overall del draft 2013 prosegua su questa strada. Non so se il merito sia solo del giocatore, di Lovie Smith, dell'OC Tedford o del QB coach Arroyo, fatto sta che il ragazzino timoroso sembra adesso scendere in campo in maniera più sicura, e comunque senza far rimpiangere minimamente il titolare, l'incerto McCown che ha malamente guidato l'attacco nei primi tre tracolli stagionali.

Il braccio di Glennon è molto interessante, la notevole altezza gli permette di avere un'ottima visione e di non venire 'impallato' dagli uomini di linea, e se davvero continueranno a registrarsi miglioramenti dal punto di vista della mobilità e della capacità di 'tenere' nella tasca senza farsi prendere dal panico, i Bucs potrebbero anche fare a meno di pensare a scegliere un QB, nel prossimo draft.

Poi, che sul ragazzo ci sia da lavorare ancora tantissimo è fuori discussione, basti pensare alla goffa azione in cui, domenica scorsa a New Orleans, Glennon stava per regalare un quasi sicuro TD a un uomo di linea dei Saints, nel maldestro tentativo di liberarsi del pallone per evitare un sack (alla Josh McCown, per capirci).

Però il materiale su cui lavorare, sebbene ancora grezzo, non sembra poi così male, e se Arrroyo/Tedford continueranno a lavoraci sopra, chissà che alla fine non si debba dare atto a Greg Schiano di avere almeno combinato una cosa buona nei suoi due anni di permanenza a Tampa, e cioè avere draftato (inaspettatamente) al terzo giro un QB lungagnone e gracilino, su cui quasi nessuno degli altri addetti ai lavori era disposto a scommettere un cent...

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