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Freeman, 9 TD pass nelle ultime 3 partite |
Storicamente, o perlomeno negli ultimi 20 anni, Tampa Bay ha costruito le sue fortune sulla difesa, raggiungendo livelli di perfezione quasi assoluta tra la fine degli anni '90 e i primi anni duemila. Campioni del calibro di Warren Sapp, John Lynch, Derrick Brooks, Shelton Quarles e Simeon Rice permisero a Tampa Bay di vincere un Super Bowl e consentirono alla squadra di recitare per molti anni un ruolo di protagonista.
Erano anni in cui a una difesa stellare si affiancava spesso un attacco di livello mediocre, guidato da QB di modesto valore (da Trent Dilfer a Shaun King...), a cui si chiedeva più che altro di non combinare danni: perché a vincere le partite ci avrebbe pensato il reparto plasmato e portato al vertice da quel vero e proprio "guru" della "D" che è stato Monte Kiffin.
Con l'arrivo di coach Schiano, allenatore di "matrice" difensiva, si pensava che la falsariga sarebbe stata più o meno la stessa, e del resto anche le prime partite di questa stagione avevano mostrato un attacco dal potenziale importante ma non certo esplosivo, basti pensare ai soli 16 punti realizzati nell'opener o ai 10 messi a segno un paio di settimane dopo a Dallas.
E invece, nelle ultime tre partite, l'attacco dei Bucs è letteralmente esploso. I 102 punti realizzati nei match contro Kansas City, New Orleans e Minnesota sono davvero tantissimi (34 di media a partita!), soprattutto per un attacco storicamente anemico come quello di Tampa Bay. I motivi di questa esplosione? Sono sicuramente tanti, io però ne evidenzierei almeno tre....
In primo luogo, Josh Freeman. Ne abbiamo parlato a lungo nei giorni scorsi
proprio sul blog, di come il destino dei Bucs sia legato in maniera indissolubile a quello del suo QB. Ebbene, dopo una prima parte di campionato con più bassi che alti, tra cui l'orrenda prestazione di Dallas, nelle ultime tre partite Freeman ha messo insieme cifre ottime (3 TD pass in tre partite consecutive, roba che a un QB di Tampa Bay non capitava dai tempi di Vinny Testaverde, anno 1989) e dopo gli alti e i bassi visti contro New Orleans, a Minnesota il nostro QB ha giocato a mio avviso una partita di altissimo livello. Perché se è vero che contro i Vikings Freeman non è stato molto preciso (19/35) è stato però perfetto nei momenti cruciali, quelli in cui si è deciso l'esito della partita. I tanti terzi down convertiti, grazie anche a un ottimo Mike Williams, l'essersi tenuto lontano dagli intercetti, la freddezza mostrata nei pressi dell'endzone, il non avere forzato prendendo rischi inutili, sono tutti elementi importanti che fanno sperare che Freeman abbia intrapreso la strada giusta per diventare - come profetizzò Raheem Morris quando lo scelse un po' a sorpresa al primo giro del draft 2009 - "
The next franchise QB".
Altra spiegazione del boom dell'attacco di Tampa? Anche qui, un nome e un cognome: Doug Martin. Il rookie da Boise State ha dato all'attacco dei Bucs una bidimensionalità che toglie pressione dalle spalle di Freeman, obbligando le difese avversarie a fare molta, moltissima attenzione anche al gioco di corsa di Tampa Bay, non solo a quello aereo. Il Doug Martin visto in questa prima parte di stagione, per non parlare di quello sovrumano di Minneapolis, è la sorpresa più piacevole dei Bucs 2012, non solo per le ottime statistiche, migliori persino di quelle del primo RB ad essere draftato quest'anno - il Trent Richardson entrato in NFL con ben altro clamore rispetto a Martin - ma proprio per l'impatto che il buon Doug ha avuto sulla squadra.
Il terzo motivo motivo dei recenti exploit del nostro attacco credo si debba ricercare nel diverso approccio da parte dell'offensive coordinator, Mike Sullivan. Ora, non dimentichiamoci che anche Sullivan è all'esordio assoluto nel ruolo di OC, e di errori sin qui ne ha commessi tanti, ma proprio un incapace totale non credo sia, visto che è stato lui a sviluppare Eli Manning, il giocatore chiave dei NY Giants due volte vincitori del Super Bowl. Dopo un avvio di campionato sin troppo conservativo, con uno schema (la corsa centrale di Martin) chiamato a ripetizione e spesso anche a sproposito, si vede ora un gioco più vario ed "aperto", in cui - come è successo a Minneapolis - vengono coinvolti anche TE (Clark) e FB (Lorig), bersagli supplementari quanto utilissimi per Freeman, in alternativa ai soliti Jackson e Williams. Anche Sullivan deve migliorare e crescere ancora molto, proprio come un qualsiasi rookie, la speranza è che il nostro OC abbia fatto tesoro dei suoi errori (ah, quei quattro tentativi di corsa dalle 2 yard contro New Orleans....) e che riesca a sfruttare nel migliore dei modi tutte le "armi" che il nostro attacco ha a disposizione, che proprio pochissime non sono.
A proposito di ricevitori, apro una breve parentesi per sottolineare il sempre più utile apporto fornito dall'ex WR di Rutgers, Tiquan Underwood, mentre è pressoché scomparso dalle rotazioni Arrelious Benn, il cui impiego è ormai limitato a qualche estemporanea azione di end-around oltre ad inginocchiarsi nei kick-off, dato che i tentativi veri e propri di ritornare i KO sono ormai sempre più rari.
Infine, ecco che ne pensa il veteranissimo Ronde Barber - dall'alto dei suoi sedici anni di militanza in maglia Red & Pewter - del momento magico che sta vivendo il nostro attacco (dal Tampa Bay Times):
"There's not been one as explosive as this," Barber, 37, said. "And I've been here for a long time. I'm qualified to answer. It makes our job less stressful, put it that way."